giovedì 29 dicembre 2016

GUGLIELMO PRIMA

GUGLIELMO PRIMA

Chi è Guglielmo Prima? E’ l’allenatore del Rugby Livorno. Ha allenato anche il Prato e lo ha portato fino a contendersi le migliori posizioni della serie A, ma resta comunque l’allenatore che ha allenato e soprattutto ha dato una scuola al Rugby Livorno. E’ stato il punto di riferimento di tantissimi giocatori cresciuti nella società e non. Da sempre il rugby giocato nella mia città è stato considerato un po’ troppo fuori le righe, diciamo duro. Con lui oltre ad essere “duro”, è diventato anche bello. Ma adesso vorrei raccontare un piccolo aneddoto.
Nela stagione 2009-2010 il Rugby Livorno stava finendo un campionato di serie A2 giocato a buon livello e per un soffio non aveva conquistato la promozione in A1. Nella penultima giornata di campionato, dopo insistenti proteste di Gugl, l’arbitro lo aveva espulso. Lui con molta calma ed educazione, che lo contraddistingueva sempre dopo una espulsione, torna in panchina, prende il suo borsello, mangia una chuingomma improbabile ai frutti di bosco e si avvia in spogliatoio. Il giudice sportivo lo squalifica per l’ultima di campionato. Ormai i giochi sono fatti, e la promozione sfumata, ma l’ultima di campionato è contro la seconda squadra del Benetton Treviso! Vuole vincere e stare in tribuna è un handicap troppo grande per lui!
Il giorno della partita, arriva normalmente al campo e fa il suo discorso caricando la squadra, ma gli spettatori lo incalzano chiedendogli come farà a dare il supporto necessario alla squadra. Lui, marpione, fa il triste, il cane bastonato. Ma chi lo conosce bene capisce subito che ha in serbo una sorpresa. Poi poco prima dell’inizio sparisce.
Le squadre entrano in campo, fanno il saluto e si schierano per cominciare.
In tribuna, non lo vediamo. Strano.
Poi da dietro il muro di cinta del campo si vede alzarsi una gru con cestello, di quelle che si usano per portare gli operai a fare dei lavori in alto, sulle facciate dei palazzi. Dentro il cestello ci sono due persone, una probabilmente addetta alla guida e l’altra…è Guglielmo! Mitico!
Il cestello si allunga al massimo e si accosta alla panchina del Livorno. E’ come se fosse in campo, anzi meglio, perchè quel cestello si muove, ed insegue le azioni avanti ed indietro e il Coach Prima urla e incita la squadra come sempre!
Immaginate i commenti dalla tribuna, ma soprattutto immaginate cosa avrà pensato l’arbitro…
La partita la vincemmo ed alla fine l’arbitro si complimentò per l’idea bizzarra, ma la promozione arrivò solo a fine estate per il fallimento di altre squadre…


lunedì 16 novembre 2015

Un po' di chiacchiere



In adolescenza, quando giocavo nell'U15 del Rugby Livorno, ero un ragazzino molto piccolo, direi il più piccolo, ogni allenamento per me era una prova da affrontare e solo il fatto di scendere in campo era un esame molto duro. Uno degli aspetti che mi distinguevano dagli altri, oltre alla minutezza del fisico, era il mio proverbiale odio per la sconfitta, ogni volta che si perdeva mi scendevano lacrime a fiumi, ne soffrivo terribilmente e non potevo farci niente, nonostante mi sforzassi di accettarla. Anche nelle partitine di allenamento, quando il coach dava il via alla contesa, per me cominciava una sfida personale...sentivo quei brividi lungo il corpo, quella eccitazione dei sensi, che mi rendevano vigile ed attento ad ogni particolare. Nel momento che l'allenatore spiegava le regole di gioco, ero sempre attentissimo per capirle e interpretarle con fantasia, per giocare con efficacia anche in carenza di efficienza fisica. Intendiamoci, ero un piccoletto, ma non avevo niente di patologico...
Mio padre, che è stato un ottimo giocatore, ma anche un grande allenatore, mi diceva sempre di non mollare mai, anche di fronte ad una montagna, anche di fronte ad un ostacolo che sembrava insormontabile, di lottare fino alla fine, di credere in me. 
Avevamo un bastone da pastore piantato in un vaso sul terrazzo di casa, era bello, levigato, secco, morto...  Quando Babbo mi parlava di rugby e di allenamenti vari diceva sempre: "annaffia il bastone!"
Ma che è sto bastone? Mi chiedevo, ma che vuoi che cresca da un bastone vecchio e rinsecchito?!
Poi arrivarono gli anni dello sviluppo, finalmente avevo due peli sotto le ascelle, e non solo...cominciavo a sentirmi un po' uomo anch'io e obbiettivamente oltre a sentirmi più forte lo stavo diventando! Riuscivo a piazzare anche più lontano che dai 22...passavo la palla fino a 8-10 metri...e soprattutto placcavo! E che placcaggi!
Per anni mi ero ingegnato a trovare un modo poco doloroso ed efficace per buttare a terra gli avversari (e compagni di squadra negli allenamenti), avevo sofferto della mia gracilità e adesso sentivo i compagni farsi più morbidi e flaccidi, sentivo che pian piano guadagnavo terreno sull'aspetto brutale della forza fisica! Ormai avevo preso gusto a sfidare chi mi si parava di fronte e, pur rimanendo piccino di statura, riuscivo a dare del filo da torcere anche ai più grossi.

Il segreto di tutto questo?...per anni mi ero impegnato a capire il gioco ed allenato con caparbietà e tenacia, credendo in me. Adesso con il naturale sviluppo tutto era più facile...avevo annaffiato il bastone secco fino a farlo diventare una quercia.

giovedì 12 novembre 2015

ALLENAMENTO TECNICO DI CALCI

La prima sfida contro le Fiji era prevista tra le rispettive seconde squadre. La coppia mediana di riserva della nostra Nazionale era Mazzantini-Scanavacca. Ci toccava testare anche questa compagine. Il match si sarebbe giocato a Sigatoka, una cittadina ad un centinaio di km di distanza dalla nostra base. Il programma prevedeva di avvicinarci alla città, dormire là e il giorno dopo affrontarli.
Una volta arrivati nel solito hotel affacciato su di un golfo bellissimo con colori da sogno ecc…. ad ognuno la sua camera. Io e “Pepe” andiamo dal responsabile fijano a chiedere se ci fosse un campo nei paraggi per fare un po’ di pratica di calci. “Certo che c’è un campo! Alle Fiji ci sono solo campi da Rugby! Ahahaha” Solita risposta del solito allegro isolano.
Ci vestiamo con pantaloncini, maglia e scarpette ed andiamo all’ingresso dell’Hotel ad aspettare il personaggio che doveva portarci al campo. Dopo i canonici 10min di ritardo, detti “Fiji Time” e vediamo arrivare il tipo rigorosamente in infradito, pantaloni corti e senza maglia. Ci saluta e ci dice di seguirlo.
Pensiamo, visto che non si vedono ne taxi ne macchine, che il campo sia proprio vicino. Infatti partiamo al passo con le sacche dei palloni e il conetto di Pepe. Attraversiamo la strada e seguendo la guida, ci infiliamo nella giungla. Pepe comincia a fare qualche battuta sarcastica, ma a me la cosa diverte. Il tipo, appena dentro i cespugli, si toglie pure le ciabatte e, scalzo, comincia a camminare spedito. Dopo un po’ che andiamo di un buon passo, la giungla si fa sempre più fitta e il terreno sempre più morbido. Insetti, soprattutto ragni, ovunque. Odio i ragni, soprattutto quelli grossi come una mano e tutti pelosi!
Comunque, nonostante le nostre proteste la guida ride e scherza. Per non fare la figura dei soliti “cittadini” continuiamo malvolentieri ad avanzare. Ma…
Davanti a noi un fiume impetuoso largo una trentina di metri. Il tipo, ci guarda e ci dice: “siamo quasi arrivati, appena al di là del torrente c’è il campo.” Si volta e parte, sempre scalzo, per guadare il fiume. “Aspetta  un attimo! Amico! Dove vai?!” Niente, era già con l’acqua fino al cavallo dei pantaloni e puntava l’altra sponda.
Io mi metto a ridere, guardando Andrea che era piuttosto preoccupato e innervosito. “Ma cazzo! Possibile che non ci fosse un'altra strada? Non ci credo! Quello ci prende in giro! Ma quale campo vuoi che ci sia in questo posto?! Siamo nella giungla, chi ci giocherebbe in  quel campo, le scimme?” Cerco di metterla sul ridere, ma il mio tentativo riesce solo ad innervosirlo ancora di più. “Io non vengo! Torno indietro e prendo un taxi, pago io! Ma possibile che queste storie ci toccano sempre a noi? Ho le scarpe nuove! Ci sono i piraniha…coccodrilli…serpenti…” tutte le scuse erano buone, era partito per la tangente. Cerco di farlo ragionare e dopo 10 minuti di convincimenti, ci togliamo le scarpe e tentiamo l’impresa.
La sensazione ancora più viva, era quella melma molliccia sul fondo che risucchiava i piedi. Un vero schifo!
Alla fine, con le scarpe in mano come il fijano, arriviamo in una radura nella giungla con i pali da rugby piantati dai due lati. Ce l’abbiamo fatta.
Tempo di togliersi quella cosa nera appiccicata alle dita dei piedi e mettersi le scarpe, ci siamo calmati. Cominciamo l’allenamento. Corsetta di riscaldamento, allungamento e qualche calcetto tra di noi. Non passano 5 minuti che dai cespugli esce un ragazzino. Probabilmente ha sentito colpire la palla coi piedi ed è venuto a curiosare. Si avvicina e, timidamente, ci chiede se può prendere una palla. “Certo bimbo. Prendila pure!”
In un attimo il campo si riempie di ragazzi di ogni età che si mettono a giocare a rugby. E’ un misto tra il touch-rugby ed il bracciolo-rugby. Alcuni giocano al tocco, altri preferendo un gioco più maschio, placcano duro alla maniera isolana…al collo. E’ bello vederli, sono bravi, veloci, scattanti e talentuosi. Tutti rigorosamente scalzi, se le danno di santa ragione e ridono in continuazione. Se qualcuno rimane a terra dolorante, nessuno si preoccupa per lui, ma tutti si complimentano con il placcatore… Penso:”poi ci chiediamo perché placcano così duro quando vengono a giocare in Italia…”
Intanto faccio il mio allenamento di calci nel box mentre Andrea di piazzati. Dopo una mezzora finisco e raccolgo i miei palloni. Vado verso il mio compagno e gli chiedo quanto gli resta da fare. Gli ricordo che dobbiamo guadare il fiume prima del buio… “Gli ultimi ed arrivo”
Fino a quel momento stava calciando abbastanza bene. Un ragazzo si avvicina, capendo forse che stavamo finendo e ci chiede un pallone per provare. E’ scalzo, come tutti. Prende la palla, si posiziona quasi sulla linea di touche, e appoggia il pallone a terra senza piazzola, solo con un paio di grattate in terra con le unghie del piede! Prende una rincorsa a caso e buum! Centra i pali perfettamente.
Pepe, intanto stava preparando il suo calcio. Vede la scena e perde la conentrazione, decide di ricominciare da capo la sua trafila. Nel frattempo il ragazzo prende un’altra palla ed in un attimo piazza il secondo pallone. Pepe prova il suo e sbaglia.
“Ok, per oggi è anche troppo! Prendiamo i palloni ed andiamocene…subito!!!”
Feriti nell’orgoglio ce ne torniamo in albergo…


mercoledì 11 novembre 2015

'Te cambia la vita da cuscì a cuscì"



MASSIMO MASCIOLETTI


Il primo anno che ero andato a giocare a L’Aquila, non era stato proprio tra i migliori in fatto di risultati sportivi. La guida tecnica della squadra era cambiata a metà , a Gino Donatiello era subentrato Terenzio De Benedictis, un Aquilano doc, che si era trovato a gestire una situazione alquanto deteriorata. Morale, eravamo ad un passo dal retrocedere, avevamo infilato la più lunga serie di sconfitte della storia della società...ma c'erano da giocare ancora 5 partite, ne andavano vinte almeno 4 per raggiungere la matematica salvezza. 
L'ultima speranza era Massimo Mascioletti.
Il mio primo pensiero, quando seppi che il “Mascio” sarebbe venuto ad allenarci, fù: “cavolo se è bravo, sicuramente ci salveremo. Quanto manca alla fine del campionato?”
Perché quella domanda? Forse non era gradito? No! Anzi, ero ed eravamo, entusiasti del fatto che avrebbe seguito anche lui. Ma tutti sapevano che sarebbe stato Rugby 24 ore su 24! Un afterhours insomma.
Una volta, prima di una partita dei Lupi contro i Barbarians, giocata al Flaminio, riuscì a fare una riunione di 2 ore e mezza prima di andare in campo. La tensione, si sa, mette sonnolenza…mi svegliai quando il mio vicino di sedia mi scosse per dirmi che era finita!
Massimo, una passione smisurata per il rugby e una conoscenza profonda del gioco. Non gli scappava niente, un video con lui era diventava una lezione all’università del rugby.
Arriva il sabato della prima trasferta a Mirano. Mascio è arrivato prima di tutti, serio e concentrato, saluta e si posiziona in prima fila sull’autobus. Noi saliamo e facciamo a gara per i posti dietro. Partiti.
Neanche il tempo di arrivare al casello che il professore si alza e viene in fondo a chiamarci: “ho portato qualche cassetta, dai ragazzi, venite avanti che le guardiamo insieme”. Ci alziamo e andiamo a cercare posto davanti alla piccola televisioncina. Comincia la prima partita, non ricordo che squadre giocassero. “Vedete? La difesa sale, l’interno rinforza…recupero…riutilizzo…occupazione…velocità…” in ogni azione c’era qualcosa da vedere, valutare, apprendere. Durante la prima mezzora la squadra interagiva attenta, poi col passare del tempo l’attenzione cominciava a scemare. Avevo vicino Gianni Cicino, uno che non aveva l’aria di essere tanto abituato alle riunioni. Al quarantacinquesimo minuto di video vedo i suoi occhi vagare nel nulla, poi si accorge che lo guardo e con uno sforzo considerevole finge attenzione. Ma è dura! E’ dura per tutti! La grande stima che abbiamo nei confronti del coach ci impedisce di dirgli che non ce la facciamo più, ma tra di noi gli sguardi sono sconsolati. Sono più di 2 ore che va avanti la partita, e siamo ancora a metà secondo tempo!
Qualcuno, scivolando sul sedile, si addormenta. Ma ad un certo punto la luce. Un dirigente, capendo la situazione, ci chiede: “Volete fermarvi all’autogrill?”
D’un tratto le anime si riprendono, e la risposta è unanime: “Si!”
Siamo salvi, l’autogrill è stato provvidenziale.
Al rientro in autobus, la proiezione riprende, ma questa volta non ci facciamo fregare, ci rimettiamo al nostro posto per fare il resto del viaggio. Un po’ alla volta qualcuno va avanti a seguire la partita e la lezione, ma questa volta consapevolmente e liberamente. Tutta un'altra cosa!
Per la cronaca la partita la perdemmo, ma non certo per colpa di Massimo, anzi. Fu proprio lui a darci la forza di vincere le ultime partite e salvare il campionato!
Adesso sono passati 15 anni e Massimo ha avuto un problema dal quale è uscito, più forte di prima. E' incredibile come anche in questa situazione, sia riuscito a trasmetterci la sua grande forza d'animo, ora collabora con la federazione per aiutare noi tecnici nel nostro percorso formativo. Nessuno meglio di lui poteva ricoprire quel ruolo.
Grazie a nome di tutti e "forza un pò!"

mercoledì 14 novembre 2012

IL MEDICO DI CAMPO

Questo torneo ha sempre in serbo una sorpresina, bellissimo. L'ambiente intorno al campo è sempre festoso e rilassato anche se in campo l'agonismo è ai livelli più alti.
Finita la partita, fuori dallo spogliatoio, si aggiravano vari vecchietti acciaccati: Cuttitta, Balasso, Barattella, Brolis, Williams e pure Giovanelli. Massimo, in uno dei tantissimi placcaggi aveva riportato una lesione muscolare importante al braccio; dolorante e parecchio incazzato, stava cercando un medico che potesse visitare lui e gli altri. Fino ad un attimo prima la zona pullulava di medici, ma adesso niente.   I Bermudiani sono belli, ricchi, simpatici ma sono sempre caraibici...quando comincia la festa si fa un pò fatica a tenerli a lavoro...
Il tempo passa e le botte si fanno sentire, il dolore prende il sopravvento, la tensione sale. Il Giova è nervoso.
"beep ma dove beep sono finiti tutti i beep di medici!"
"dai Giova, vedrai che adesso arrivano"
"beepppp"
I nostri pazienti accompagnatori si prodigano nel cercare qualcuno ma pian piano il terzo tempo si anima, ed è sempre più difficile recuperare qualche bermudiano dell'organizzazione. Ecco Celoni:"non vi preoccupate, l'ho trovato io il medico, adesso arriva..."
Un attimo dopo si avvicina un vecchietto basettone, con una faccia rossa paonazza e un andatura claudicante ma decisa. Più si avvicina e più credo di conoscerlo...
Lo conosco si, è JPR Williams!

Non sapevo fosse medico, anzi medico chirurgo... beh ci saluta tutti gentilmente, punta il Giova e si fa spiegare la situazione. Entrano in spogliatoio, gli fa una visita per valutare l'entità dell'infortunio. Una volta dentro vedo i ragazzi che come me, hanno capito chi fosse quel medico. Spuntano fuori le macchinette fotografiche e via di flash.
Una situazione bellissima che solo qui poteva accadere!



http://www.youtube.com/watch?v=zeRU15B_sZc

martedì 13 novembre 2012

POST AUSTRALIA 2012

"Babbo ma perché sei andato alle Bermuda?"
"per fare un torneo di rugby"
"E contro chi giocate?"
"Australia."
"ah...e perchè alle Bermuda?"
"Sai nell'Australia gioca anche nostro amico Nick."
"Nick? Ma lui è tuo amico, non puoi giocare contro..."
"Ma si Tommaso il rugby è un gioco...." (più o meno)

Sempre la stessa storia, ogni volta dopo la partita, mi fermo fuori dallo spogliatoio a sedere su delle panchine che sono proprio di fianco alla porta e penso:"Basta, non vengo più. E' una follia". Poi mi giro ed a fianco a me trovo un compagno di sventura... Ieri sera ero con Paolo Baratella, quante botte si è preso! Uno sguardo e lui, alla prima partecipazione, mi dice:"io non vengo più", mi viene da ridere, gli dico:"però ti sei divertito", "si...una botta di vita".
Ecco cos'è veramente questo torneo, una botta di vita, che senti forte quanto più sei stato rugbista da combattimento da giovane. Per una settimana torni ad essere un giovane professionista che gira in motorino, si allena la mattina e pomeriggio, riunioni, partite, defaticamento...una cosa da matti.
Sono un pò scarico stamani, mi sa che la chiudo qui, anche perché tra poco comincia il torneo di golf...

lunedì 12 novembre 2012

BERMUDA CLASSIC 2012




Sveglia alle 4 di mattina, una veloce colazione coi biscottini preparati da mamma Elisa e Tommaso e via verso Malpensa. Esco di casa sotto una pioggia battente e freddo novembrino, quest’anno l’estate di San Martino non ha confermato la cara tradizione. Trecentocinquanta chilometri  di strada sotto un muro d’acqua, non vedo l’ora di sedermi su quell’aereo che mi porterà alle Bermuda, dopo un breve scalo a New York.
Al check in mi ricongiungo con Ramiro Cassina, altro componente della squadra di quest’anno.
Ve lo presento: alto grosso e sbruffone il giusto, in senso buono. Io l’ho incontrato nella mia partita di esordio con la Benetton Treviso, ero un giovanissimo mediano e lui un espertissimo n°8, gli facevo una gran pressione ogni volta che partiva dalla mischia. La cosa non gli garbava molto, e dopo un tempo che le cose andavano così, ebbe la sua reazione. Palla loro, fanno una 8-9 dal lato opposto al mio, io tento di inseguire il mediano, ma sul principio del mio scatto trovo il suo gomito che corre in senso opposto al mio... Gran botta nel pomo d’adamo e rimango a terra senza riuscire a respirare. KO.
Ancora oggi, dopo 18 anni, mi fa ancora male a deglutire i cibi più duri!

Il viaggio, lungo, prosegue liscio tra una birra e l’altra col compagnone Ramiro. Arriviamo sull’isola a sera inoltrata. Scesi dall’aereo assaporiamo i classici odori dei caraibi, quelli che appena inalati ti fanno da calmante. Aria di vacanza a 7000 km dall’inverno italiano. Domani ci aspetta la prima sfida però...

La squadra sembra più competitiva dello scorso anno, non per i componenti ma perchè siamo in 23 e ci sarà più possibilità di fare cambi, cosa fondamentale per mantenere la giusta intensità di gioco. 

Arriviamo al presente, adesso siamo in piscina, dopo aver fatto un piccolo allenamento di rifinitura, proprio come facevamo un tempo. Ripassato le tre giocate che abbiamo, siamo ritornati a crogiolarsi al sole in attesa di vendere cara la pelle questa sera!

Vi mando una cartolina...