mercoledì 14 novembre 2012

IL MEDICO DI CAMPO

Questo torneo ha sempre in serbo una sorpresina, bellissimo. L'ambiente intorno al campo è sempre festoso e rilassato anche se in campo l'agonismo è ai livelli più alti.
Finita la partita, fuori dallo spogliatoio, si aggiravano vari vecchietti acciaccati: Cuttitta, Balasso, Barattella, Brolis, Williams e pure Giovanelli. Massimo, in uno dei tantissimi placcaggi aveva riportato una lesione muscolare importante al braccio; dolorante e parecchio incazzato, stava cercando un medico che potesse visitare lui e gli altri. Fino ad un attimo prima la zona pullulava di medici, ma adesso niente.   I Bermudiani sono belli, ricchi, simpatici ma sono sempre caraibici...quando comincia la festa si fa un pò fatica a tenerli a lavoro...
Il tempo passa e le botte si fanno sentire, il dolore prende il sopravvento, la tensione sale. Il Giova è nervoso.
"beep ma dove beep sono finiti tutti i beep di medici!"
"dai Giova, vedrai che adesso arrivano"
"beepppp"
I nostri pazienti accompagnatori si prodigano nel cercare qualcuno ma pian piano il terzo tempo si anima, ed è sempre più difficile recuperare qualche bermudiano dell'organizzazione. Ecco Celoni:"non vi preoccupate, l'ho trovato io il medico, adesso arriva..."
Un attimo dopo si avvicina un vecchietto basettone, con una faccia rossa paonazza e un andatura claudicante ma decisa. Più si avvicina e più credo di conoscerlo...
Lo conosco si, è JPR Williams!

Non sapevo fosse medico, anzi medico chirurgo... beh ci saluta tutti gentilmente, punta il Giova e si fa spiegare la situazione. Entrano in spogliatoio, gli fa una visita per valutare l'entità dell'infortunio. Una volta dentro vedo i ragazzi che come me, hanno capito chi fosse quel medico. Spuntano fuori le macchinette fotografiche e via di flash.
Una situazione bellissima che solo qui poteva accadere!



http://www.youtube.com/watch?v=zeRU15B_sZc

martedì 13 novembre 2012

POST AUSTRALIA 2012

"Babbo ma perché sei andato alle Bermuda?"
"per fare un torneo di rugby"
"E contro chi giocate?"
"Australia."
"ah...e perchè alle Bermuda?"
"Sai nell'Australia gioca anche nostro amico Nick."
"Nick? Ma lui è tuo amico, non puoi giocare contro..."
"Ma si Tommaso il rugby è un gioco...." (più o meno)

Sempre la stessa storia, ogni volta dopo la partita, mi fermo fuori dallo spogliatoio a sedere su delle panchine che sono proprio di fianco alla porta e penso:"Basta, non vengo più. E' una follia". Poi mi giro ed a fianco a me trovo un compagno di sventura... Ieri sera ero con Paolo Baratella, quante botte si è preso! Uno sguardo e lui, alla prima partecipazione, mi dice:"io non vengo più", mi viene da ridere, gli dico:"però ti sei divertito", "si...una botta di vita".
Ecco cos'è veramente questo torneo, una botta di vita, che senti forte quanto più sei stato rugbista da combattimento da giovane. Per una settimana torni ad essere un giovane professionista che gira in motorino, si allena la mattina e pomeriggio, riunioni, partite, defaticamento...una cosa da matti.
Sono un pò scarico stamani, mi sa che la chiudo qui, anche perché tra poco comincia il torneo di golf...

lunedì 12 novembre 2012

BERMUDA CLASSIC 2012




Sveglia alle 4 di mattina, una veloce colazione coi biscottini preparati da mamma Elisa e Tommaso e via verso Malpensa. Esco di casa sotto una pioggia battente e freddo novembrino, quest’anno l’estate di San Martino non ha confermato la cara tradizione. Trecentocinquanta chilometri  di strada sotto un muro d’acqua, non vedo l’ora di sedermi su quell’aereo che mi porterà alle Bermuda, dopo un breve scalo a New York.
Al check in mi ricongiungo con Ramiro Cassina, altro componente della squadra di quest’anno.
Ve lo presento: alto grosso e sbruffone il giusto, in senso buono. Io l’ho incontrato nella mia partita di esordio con la Benetton Treviso, ero un giovanissimo mediano e lui un espertissimo n°8, gli facevo una gran pressione ogni volta che partiva dalla mischia. La cosa non gli garbava molto, e dopo un tempo che le cose andavano così, ebbe la sua reazione. Palla loro, fanno una 8-9 dal lato opposto al mio, io tento di inseguire il mediano, ma sul principio del mio scatto trovo il suo gomito che corre in senso opposto al mio... Gran botta nel pomo d’adamo e rimango a terra senza riuscire a respirare. KO.
Ancora oggi, dopo 18 anni, mi fa ancora male a deglutire i cibi più duri!

Il viaggio, lungo, prosegue liscio tra una birra e l’altra col compagnone Ramiro. Arriviamo sull’isola a sera inoltrata. Scesi dall’aereo assaporiamo i classici odori dei caraibi, quelli che appena inalati ti fanno da calmante. Aria di vacanza a 7000 km dall’inverno italiano. Domani ci aspetta la prima sfida però...

La squadra sembra più competitiva dello scorso anno, non per i componenti ma perchè siamo in 23 e ci sarà più possibilità di fare cambi, cosa fondamentale per mantenere la giusta intensità di gioco. 

Arriviamo al presente, adesso siamo in piscina, dopo aver fatto un piccolo allenamento di rifinitura, proprio come facevamo un tempo. Ripassato le tre giocate che abbiamo, siamo ritornati a crogiolarsi al sole in attesa di vendere cara la pelle questa sera!

Vi mando una cartolina...

venerdì 21 settembre 2012

Giocare a rugby è sentirsi un eroe


Una delle cose belle del Rugby è che anche nei momenti più difficili, quando si fa fatica a trovare una buona ragione per continuare ad allenarsi o a soffrire, dal lato fisico o mentale, spunta sempre qualcosa che ti spinge a tenere duro ed andare avanti. Sembra quasi incredibile la somiglianza alla vita reale, sembrerebbe che le due cose, la vita ed il Rugby, fossero la stessa cosa...
Può capitare, facendo questo sport, che si abbiano degli infortuni, più o meno gravi e ogni volta rimani lì, solo, coi tuoi pensieri. Ti dici: "ma chi me lo ha fatto fare?". E' difficile dare una risposta a questa domanda, soprattutto a chi questo sport non lo pratica o non l'ha praticato. 
Succede che una volta sceso in campo, ti trovi ad affrontare una battaglia contro altre quindici persone. Succede che durante questa battaglia ti trovi nella condizione in cui hai bisogno dell'aiuto di un compagno. Succede che ti trovi nella condizione di capire che in un certo momento un tuo compagno ha bisogno di te.
Succedono un mucchio di cose oltre al gioco, un sacco di problemi e situazioni in cui devi per forza di cose fare i conti con la tua coscienza e con il tuo senso del pericolo che ti porta conservare intatto il tuo corpo. Può essere che ti trovi di fronte un bestione che vuole passarti sopra, e mentre sei lì che pensi a come uscirne, puntuale sbuca un kamikaze che dalla tua sinistra si butta tra le gambe dell'energumeno...a quel punto il tuo compagno crolla a terra, e l'energumeno ti investe, ma...
Ma l'energia che sembrava di avere, non ce l'ha più. Se l'è cuccata il povero compagno che si è immolato per te, anzi per la squadra. In quel momento entri nel vortice. Il mio amico lo ha fatto per me, la prossima volta devo farlo per lui. Ma non fai a tempo a pensarlo che già ti trovi in pericolo di nuovo e un altro ti corre in soccorso. E' incredibile e ti senti quasi in imbarazzo. 
Poi arriva il tuo momento, il momento in cui sei tu che poi renderti utile per un tuo compagno in difficoltà, questo è l'attimo più emozionate. In quell'istante ti esalti, memore di quello che pochissimo tempo prima ti è accaduto, e ti lanci contro qualcuno, che magari se te ne fossi stato dalla parte tua non ti avrebbe mai sfiorato, ma tu senti di doverti buttare nella mischia e lo fai. Sbammm!!! La prima botta. Ma non senti dolore, niente. Questo ti da fiducia, ti ributti nella baraonda e prendi altre botte che quasi non senti. 
E qui sei in pieno vortice, le prendi e le dai, aiuti e ti aiutano, attimi duri e difficili ed altri entusiasmanti e soavi. È una girandola di sensazioni che ti fa sentire vivo e forte.
Volevo scrivere tutt'altra cosa questa sera, ma sai comè...cominci a dire una cosa e finisci col dire tutt'altro...o almeno è quello che capita a me...
Finisco col raccontare un'altra cosa su di me. 
Spesso, scherzando, quando mi chiedono come è andata la partita, come ho giocato, rispondo con modestia: "sono stato un eroe!". Ovviamente scherzo...ma non troppo...

lunedì 23 gennaio 2012

Il ricordo di una persona speciale


Era il giugno del 1992, con il Fides Rugby Livorno avevamo appena concluso un lungo campionato di serie B. Dopo una stagione molto intensa dove ci eravamo conquistati il diritto di giocare un altro campionato in quella categoria quel martedì sera ci trovavamo per fare una partita a calcio, tanto per divertirci un po' in uno sport diverso dal solito. Il campo comunale Montano ce lo dividevamo con altra squadra della città e il martedì era il giorno a noi concesso, ma a fine campionato alcuni ragazzi del rugby Livorno venivano ad allenarsi con noi. Quel martedì in spogliatoio sentivo che c'era tensione, i vecchi stavano parlottando tra di loro dicendo che non avrebbero accettato di fare quello che voleva fare "lui". Non riuscivo a capire cosa mettesse tanta agitazione, in fin dei conti eravamo li per ridere, scherzare e stare un po' insieme.
"io ho portato il pallone di cuoio!", "io ho già fatto le porte", "è tutto l'anno che giochiamo a rugby, io non ho voglia di giocare ancora! Abbiamo deciso di giocare a calcio e nessuno può farci cambiare idea! E poi lui è del Rugby Livorno, che vada coi suoi!" questi erano le argomentazioni delle chiacchere. 
Poi arrivò lui..."Ciao ragazzi! Come state? Siete stati bravi quest'anno! Complimenti per il campionato..."
"Ciao Luca! Come stai? Che piacere vederti, ti alleni con noi stasera?"
"Certo! Sono venuto apposta!"
Timidamente qualcuno aggiunge: "facciamo una partita a calcetto..."
E Luca:"A calcetto?! No!!! Questo è un campo di rugby e si gioca a rugby." "ma Luca, siamo venuti tutti per giocare a calcio, abbiamo portato il pallone, fatto le squadre, le porte..." "a me non interessa, ora giochiamo tutti a rugby. Io voglio giocare a rugby." 
Il capitano allora gli disse:"Luca noi giochiamo a calcetto, punto." 
"Benissimo! Voi giocate a calcetto e io giocherò a rugby!"
Ero stupito di come Luca Terreni, giocatore e colonna del Rugby Livorno si era presentato. Umilissimo e gentilissimo in principio, inflessibile e determinatoc al limite dell'arroganza, quando doveva difendere una sua idea!
Avremmo giocato a calcetto e Luca avrebbe giocato a rugby...un connubio un po' difficile da mettere in pratica. 
Il punto di forza di Luca Terreni era il placcaggio e la cattiveria agonistica, alto più di un metro e novanta per un centinaio di kili abbondanti erano anni che da terza linea terrorizzava le aperture di serie A. Ora si apprestava a terrorizzare noi.
La partita di calcetto cominció, primo passaggio laterale, secondo passaggio...ad un certo punto vedo con la coda dell'occhio una maglia verde e bianco arrivare lanciata con la spalla ad altezza ginocchio di un povero giocatore che non se lo aspettava. Spezzato in due, ovviamente perde il controllo del pallone coi piedi, Luca si rialza, raccoglie la palla, scatta verso la meta e segna in tuffo! Nessuno ovviamente tenta di fermarlo. Luca si rialza e dice:"una meta per noi". Dentro di me penso:"noi chi?? Una meta per te..."
Sono decisamente perplesso. 
Riprende la partita, questa volta i giocatori stanno più attenti a non farsi travolgere dalla mina vagante, Luca corre, corre ma ormai sembra un torello, quando si avvicina a qualcuno con la palla, quest'ultimo la passa. Diretta conseguenza è che all'ennesima corsa a vuoto, il Terreni decide di sfoderare uno dei suoi pezzi forti: il placcaggio in ritardo ad altezza collo... Non so chi, ma questa volta l'impatto è tremendo e la scena è la stessa... "Due mete a zero per noi!"
Vedo i compagni di squadra presi dallo sconforto, qualcuno se va ma la maggior parte resta per un ultimo tentativo. "Dai Luca, non puoi fare così, siamo in venticinque e vogliamo giocare a calcio, perché devi metterti a far male ai ragazzi?!"
La risposta è chiarissima:"perché io voglio giocare a rugby e sono venuto su di un campo adibito a tale scopo. Se volete giocare in questo campo giocate a rugby, se volete giocare a calcio andate in un altro campo."
La partita riprende stancamente ma l'unico che si diverte è lui. Al l'ennesimo placcaggio in ritardo, tutti ci fermiamo e ce ne andiamo a farci una bella doccia. 
Questo è stato il mio incontro con Luca Terreni, che adesso non c'è più fisicamente, ma che a Livorno ,e non solo, ha lasciato un grande ricordo di se!
 

lunedì 16 gennaio 2012

Cap 2 Fiji Samoa

Nonostante fossimo in luogo tanto suggestivo e sconosciuto, alle 19.30 eravamo già tutti in branda. Il "Doc" Ieracitano, ci aveva ammonito di non andare a letto subito, ci aveva ragguagliato su come si lotta contro il fuso orario...ma l'allenamento del pomeriggio ci aveva spento ogni residua velleità. Finita la cena tutti a letto.
Alle 3 di mattina tutti svegli...ovvio. Per fortuna che si stavano giocando gli europei di calcio. Ci ritroviamo nella hall dell'albergo svegli come grlli e con l'intenzione di guardare la partita dell'Italia. Invece no.
La tv nella hall trasmette in diretta RTV38! Una rete privata fiorentina che propone il Calcio in Costume Fiorentino. Sono stupefatto da quanti fijani ci sono a vederla e da come apprezzano lo spettacolo. Ad ogni scontro e rissa loro si esaltano, ridono, apprezzano. Stranissimo, ma sembra che conoscano anche le regole e soprattutto lo spirito! Non vedo quell'indignazione tipica dell'italiano medio che guarda per la prima volta i calcianti che si battono in piazza Santa Croce, loro apprezzano lo scontro feroce, gli piace. Uno dei tizi si gira mi vede e mi rende omaggio per il bello spettacolo, mi dice, in inglese, che gli piacciono gli Italiani perchè hanno uno spirito simile al loro, penso subito due cose...una è che quello spirito che lui pensa ce l'hanno solo i calcianti fiorentini...e la seconda è che se invece loro hanno davvero quello spirito...sarà una Tourneè molto molto difficile...
Il secondo giorno il capo, Bradley, ci riunì nell'aula adibita a tale scopo e ci illustrò il programma generico. Eravamo abituati a due allenamenti al giorno, palestra, defaticamenti, incontri istituzionali con i vari sindaci o assessori locali e invece niente di tutto questo. "Le Tourneè sono fatte per fare gruppo, per legare i rapporti di amicizia...dovete divertirvi...", allenamenti la mattina dalle 9 alle 11, poi liberi fino al giorno dopo, tranne qualche rara occasione. Non credevamo alle nostre orecchie! Le domande erano: "ma potremmo anche andare sulla spiaggia? Ma il pomeriggio potremmo anche fare un giro in città?" Dopo qualche domanda del genere, sempre il Capo, ci guarda e dice: "Siete proprio così scemi o ci fate?" Non credeva neanche lui che fossimo così inquadrati da dubitare di tanta libertà.
Fatto stà che quel giorno mi si stampò un bel sorriso in faccia e cominciai a godermi quella bella libertà. Come se fossi stato a Livorno, facevo un allenamento la mattina, e lo facevo tanto volentieri, poi dopo un pranzetto a base di pesce e frutta dolcissima, scappavo in taxi verso la spiaggia! Una favola!
Fin qui il bello. Poi arrivarono le notti insonni grazie al mio compagno di stanza.

venerdì 13 gennaio 2012

Tourneè Fiji e Samoa

Tutti sanno, almeno spero, che le isole Fiji sono un arcipelago in mezzo all'oceano Pacifico. Tutti sanno per sentito dire, immagino, che sono un paradiso terrestre. Da oggi ci sarà un'altra persona che ve lo racconta...
Ebbene sì, ci sono stato. E' stata una delle più belle esperienze di rugby della mia carriera, un posto lontano, esotico e dove il rugby è passione e divertimento allo stato puro.
Dopo circa 50 ore di viaggio (la federazione di rugby è sempre molto attenta a scegliere i voli più lunghi e improbabili; partenza da Roma, scalo Francoforte, poi Singapore, Sydney, Nadi), arriviamo all'aereoporto internazionale di Nadi. All'apertura del portellone dell'aereo siamo tutti un po' eccitati per essere agli antipodi di casa nostra. Più lontani di così non si può andare, piccole soddisfazioni... Non vediamo l'ora di annusare l'aria dell'isola, una botta di caldo umido ci investe. Scendiamo le scalette vestiti con la divisa lanciata dalla federazione per l'occasione...Bermuda di lino marroni e camicetta celeste, mezze maniche, da tranviere...Facciamo la nostra sporca figura!
Quattro passi ci seperano dal caseggiato dell'aereoporto, ma bastano per farci bagnare le camicette col nostro sudore. Entrati dentro altra botta di...freddo. L'aria condizionata sarà regolata a 18-20 gradi mentre fuori saremo sui 32-34 belli carichi di umidità... Una volta ritirati i bagagli ci avviamo all'uscita e troviamo una bella sorpresa. Come nei più classici dei film, ci aspettano delle procaci fijiane con delle bellissime collane di fiori. Ci vengono incontro per mettercele al collo, ma più si avvicinano e più ci rendiamo conto che di bello ci sono solo i fiori...le procaci fijiane assomigliano più a quelle nere che fanno le balie nei film anni 50, grandi, grosse, con culoni sporgenti dove ci potresti appoggiare un vassoio sopra! In compenso sono belle sorridenti e ci accolgono con quella tipica aria delle isolane del pacifico, bello.
Tutti sul pulman direzione Mocambo Hotel. Una volta a bordo ci informano che durante il viaggio è scoppiata la guerra tra la popolazione nativa e la comunità numerosissima di indiani...dell'India! Incredibile. Per un attimo ci crediamo anche, poi arriviamo ad un posto di blocco...si capisce subito che per "guerra" da queste parti si intende più una cosa alla "risiko"...il tiro dei dadi...
Il posto di blocco è formato da due soldati con dei fucili, conservati chissà dove, della guerra degli Stati Uniti d'America contro gli Indiani. Forse ce li ha portati il generale Carter... Il check point è rinforzato da una macchina, credo una Trabant, rugginosa là dove è fatta di metallo... Brrrr che paura che fanno quei soldati! Ci facciamo due risate e continuiamo verso quella che sarà la nostra residenza sull'isola.
Il Mocambo Hotel è un complesso immerso nel verde, ma a dire la verità dai molti fiori che ci sono, anche il verde passa in secondo piano. C'è una piccola piscina, campi da tennis, golf, parco per allenarsi o passeggiare. Come usanza, anche qui ci aspettano le "Big Mama" con le collane di fiori. Ci sistemiamo nelle camere e Bradley Jonhstone decide che è subito ora del primo allenamento per sciogliere le gambe. Ci chiama nella hall ci da una mezzora per sistemarci e poi aggiunge: "vestitevi bene, perché il sole batte forte!"
Torno in camera, mi sistemo posando la borsa a terra e sdraiandomi sul letto, per me mezzora è forse un po' troppo. Prima di uscire guardo il cielo e lo vedo coperto, niente sole, tra me penso:"accidenti, non mi sarebbe dispiaciuto prendere un po' di colore". Mi vesto con pantaloncini e canotta sperando in un po' di tintarella almeno sulle braccia.
Con l'autobus attraversiamo un tratto di città, le ore più calde sono passate e ogni campetto che troviamo si sta riempiendo di ragazzi che giocano a rugby scalzi e in mutande per la maggior parte. Facciamo a tempo a vedere anche bellissime azioni, e qualcuno commenta che se li avessimo in squadra farebbero comodo...
Il campo, che sarebbe lo stadio cittadino, è coperto di erba gialla quasi bianca e le linee sono segnate con olio da motori... Giustamente sul bianco dell'erba risalta di più il nero dell'olio...
L'allenamento per sciogliere le gambe si tramuta nell'allenamento per annientare le nostre energie residue: navette su navette, flessioni, scatti, tuffi a terra nella polvere finissima di quel maledetto campo, un incubo!
Tornati sul pullman, ci mettiamo sedere sfiniti. Un pò per il lavoro fatto ma gran parte per il fuso orario, la nostra ora biologica è l'esatto opposto dell'ora che segna l'ora in quel momento, le 6 di mattina e non le 18 del pomeriggio. Solo che noi abbiamo più di due giorni di viaggio alle spalle...