venerdì 13 gennaio 2012

Tourneè Fiji e Samoa

Tutti sanno, almeno spero, che le isole Fiji sono un arcipelago in mezzo all'oceano Pacifico. Tutti sanno per sentito dire, immagino, che sono un paradiso terrestre. Da oggi ci sarà un'altra persona che ve lo racconta...
Ebbene sì, ci sono stato. E' stata una delle più belle esperienze di rugby della mia carriera, un posto lontano, esotico e dove il rugby è passione e divertimento allo stato puro.
Dopo circa 50 ore di viaggio (la federazione di rugby è sempre molto attenta a scegliere i voli più lunghi e improbabili; partenza da Roma, scalo Francoforte, poi Singapore, Sydney, Nadi), arriviamo all'aereoporto internazionale di Nadi. All'apertura del portellone dell'aereo siamo tutti un po' eccitati per essere agli antipodi di casa nostra. Più lontani di così non si può andare, piccole soddisfazioni... Non vediamo l'ora di annusare l'aria dell'isola, una botta di caldo umido ci investe. Scendiamo le scalette vestiti con la divisa lanciata dalla federazione per l'occasione...Bermuda di lino marroni e camicetta celeste, mezze maniche, da tranviere...Facciamo la nostra sporca figura!
Quattro passi ci seperano dal caseggiato dell'aereoporto, ma bastano per farci bagnare le camicette col nostro sudore. Entrati dentro altra botta di...freddo. L'aria condizionata sarà regolata a 18-20 gradi mentre fuori saremo sui 32-34 belli carichi di umidità... Una volta ritirati i bagagli ci avviamo all'uscita e troviamo una bella sorpresa. Come nei più classici dei film, ci aspettano delle procaci fijiane con delle bellissime collane di fiori. Ci vengono incontro per mettercele al collo, ma più si avvicinano e più ci rendiamo conto che di bello ci sono solo i fiori...le procaci fijiane assomigliano più a quelle nere che fanno le balie nei film anni 50, grandi, grosse, con culoni sporgenti dove ci potresti appoggiare un vassoio sopra! In compenso sono belle sorridenti e ci accolgono con quella tipica aria delle isolane del pacifico, bello.
Tutti sul pulman direzione Mocambo Hotel. Una volta a bordo ci informano che durante il viaggio è scoppiata la guerra tra la popolazione nativa e la comunità numerosissima di indiani...dell'India! Incredibile. Per un attimo ci crediamo anche, poi arriviamo ad un posto di blocco...si capisce subito che per "guerra" da queste parti si intende più una cosa alla "risiko"...il tiro dei dadi...
Il posto di blocco è formato da due soldati con dei fucili, conservati chissà dove, della guerra degli Stati Uniti d'America contro gli Indiani. Forse ce li ha portati il generale Carter... Il check point è rinforzato da una macchina, credo una Trabant, rugginosa là dove è fatta di metallo... Brrrr che paura che fanno quei soldati! Ci facciamo due risate e continuiamo verso quella che sarà la nostra residenza sull'isola.
Il Mocambo Hotel è un complesso immerso nel verde, ma a dire la verità dai molti fiori che ci sono, anche il verde passa in secondo piano. C'è una piccola piscina, campi da tennis, golf, parco per allenarsi o passeggiare. Come usanza, anche qui ci aspettano le "Big Mama" con le collane di fiori. Ci sistemiamo nelle camere e Bradley Jonhstone decide che è subito ora del primo allenamento per sciogliere le gambe. Ci chiama nella hall ci da una mezzora per sistemarci e poi aggiunge: "vestitevi bene, perché il sole batte forte!"
Torno in camera, mi sistemo posando la borsa a terra e sdraiandomi sul letto, per me mezzora è forse un po' troppo. Prima di uscire guardo il cielo e lo vedo coperto, niente sole, tra me penso:"accidenti, non mi sarebbe dispiaciuto prendere un po' di colore". Mi vesto con pantaloncini e canotta sperando in un po' di tintarella almeno sulle braccia.
Con l'autobus attraversiamo un tratto di città, le ore più calde sono passate e ogni campetto che troviamo si sta riempiendo di ragazzi che giocano a rugby scalzi e in mutande per la maggior parte. Facciamo a tempo a vedere anche bellissime azioni, e qualcuno commenta che se li avessimo in squadra farebbero comodo...
Il campo, che sarebbe lo stadio cittadino, è coperto di erba gialla quasi bianca e le linee sono segnate con olio da motori... Giustamente sul bianco dell'erba risalta di più il nero dell'olio...
L'allenamento per sciogliere le gambe si tramuta nell'allenamento per annientare le nostre energie residue: navette su navette, flessioni, scatti, tuffi a terra nella polvere finissima di quel maledetto campo, un incubo!
Tornati sul pullman, ci mettiamo sedere sfiniti. Un pò per il lavoro fatto ma gran parte per il fuso orario, la nostra ora biologica è l'esatto opposto dell'ora che segna l'ora in quel momento, le 6 di mattina e non le 18 del pomeriggio. Solo che noi abbiamo più di due giorni di viaggio alle spalle...

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