mercoledì 30 novembre 2011

ITALIA-SCOZIA 34-20 l'esordio nel "6 Nazioni"

Sono almeno 3 anni che il comitato del 5 nazioni ha accettato la richiesta da parte della federazione di far parte del torneo. Saranno almeno 80, che ogni rugbysta italiano ne sogna di far parte. Il “4 nazioni” è stato inventato ed organizzato dai paesi Britannici di Inghilterra, Scozia, Irlanda e Galles nel 1884, 128 anni fa per la precisione. Tanti. Nel 1910 è stata aggiunta la Francia e da quella data è rimasto invariato. Tradizioni radicate in profondità nel popolo del rugby e difficilissime da intaccare.
Eppure la squadra nazionale Italiana di George Coste è riuscita nell’impresa, impossibile, di far cambiare idea a quei vecchioni del comitato del vecchio 5 Nazioni. Ci vorrebbe un libro solo per descrivere le gesta di quegli eroi, ma non sono io la persona adatta, io sono entrato nell’ambiente solo dopo, a cose fatte.
Dicevamo. Tre anni che la decisione è presa e due che il rugby italiano ha realizzato che non è un sogno. La prima partita è prevista a febbraio del 2000, in casa contro la Scozia. Poteva andare peggio…
Il mondiale in Inghilterra del 1999 non era andato proprio per il meglio, c’erano stati problemi di vario genere, e la fiducia nei propri mezzi non era proprio al massimo. Molti vecchi giocatori, che si erano conquistati il futuro “6 Nazioni” avevano anche smesso di giocare. La squadra era da rifondare. Non proprio le migliori condizioni per affrontare un impegno difficilissimo come quello che si apprestava a fronteggiare.
Per far fronte alle tante incognite, decidono di cambiare la guida della squadra. Decidono di stravolgere addirittura l’impostazione: arriva Bred Jonstone, allenatore Neozelandese che allenava le isole Fiji ai mondiali. E’ una mezza rivoluzione.
Vi tralascio la sua riunione di presentazione alla squadra. Dico solo che il metodo di allenamento è totalmente diverso. Si costruisce poco o niente rispetto a prima, ma si punta al miglior risultato possibile nell’immediato. Allenamenti durissimi per selezionare la squadra, addirittura partita “vera” probabili vs possibili, per scegliere la squadra. Probabilmente rimane la mia miglior partita di sempre in nazionale, anche se ovviamente a porte chiuse e nessuno se lo ricorda…
Fatta la squadra per affrontare la Scozia, fine. Gli allenamenti si riducono all’osso. Massima fiducia nei componenti, schemi provati al 50%, nessuna pressione (quella era già tanta da fuori), e ricerca della miglior prestazione puntando molto sulla fiducia individuale.
Fino a quel momento avevo assaporato la Nazionale stile Coste/Mascioletti…lavoro, lavoro, lavoro e lavoro. Dal punto di vista della crescita, comprensione del gioco e ambizione: meravigliosa, inavvicinabile. Ma dal punto di vista della pressione psicologica: devastante. Adesso era tutto diverso, anche la preparazione fisica. Il professor Isaia Di Cesare ci massacrava di palestra, sprint in salita, e sedute varie. Adesso, come preparatore, era arrivato un neozelandese tutto tatuato e fuori di testa che tutto sembrava tranne un allenatore. Con lo scopo di rilassare l’ambiente, giocavamo a giochi assurdi, divertenti ma assurdi.
La settimana prima della partita fu incredibile, televisioni di mezzo mondo a riprendere gli allenamenti, interviste. Addirittura avevano organizzato degli orari e degli appuntamenti per i media, per noi un altro mondo. Tutto il mondo rugby stico mondiale aspettava il nostro esordio. Tutti, tranne ovviamente i media italiani.
A tre giorni dal match, si infortuna un tre-quarti. A sostituire viene chiamato Marco Rivaro. Era militare con me l’anno prima al reparto atleti della Cecchignola. Lui arriva direttamente a Roma da Genova dove abitava. Si presenta vestito con jeans e giacca e con una busta della spesa con dentro le scarpe e basta. Bellissimo. Siamo al Jolly hotel ed essendo amici e ci mettono in camera insieme. Lui ha solo un giorno per ambientarsi, ma è tranquillo. Mi dice: “Belin, non me lo aspettavo, fino a ieri ero a Genova a farmi gli affari miei ed ora sono catapultato qui in questo ambiente fantastico. Beh per fortuna non giocherò, non so se sarei all’altezza…” Non mi dice proprio così, ma è il succo dei dialoghi di quei giorni.
Facciamo la rifinitura che serve più che altro ad entrare in partita, e andiamo a letto belli carichi. I più vecchi sono degli automi. Hanno lottato per arrivare a questo punto e adesso sono qui per riscuotere. Ma a mente fredda tutti sanno che sarà un impresa impossibile. Si vocifera che la Francia prima di vincere la sua prima partita del 5 Nazioni ci ha messo la bellezza di 30 anni, anno più anno meno.
Andiamo allo stadio, scortati. Ma non è una scorta convenzionale, sembra che sia una questione di vita o di morte. A dire la verità era la prima volta che facevamo parte di un convoglio scortato, nessuno aveva idea di come dovesse essere un trasporto del genere… La poliziotta, che guida la scorta in moto, è un invasata! Corre come se fossimo in un rally. L’autobus sfreccia nel traffico lambendo specchietti e facendo stridere le gomme! Noi siamo disorientati, ma alla fine la prendiamo con la più classica filosofia italiana: ridendo.  Lo staff Neozelandese è sconvolto! Il tutto contribuisce a sdrammatizzare un po’ il momento.
Entriamo in spogliatoio, ansia. Tanta ansia. Cominciamo il riscaldamento, il ricordo più vivo che ho, è la sensazione che si ha quando tutti quegli occhi ti guardano riscaldare. E’ pazzesco, ti senti frugare nell’anima. Qualsiasi cosa tu faccia, sai che qualcuno ti sta guardando. Fastidioso. Sei teso e nervoso, sai che qualcuno ti guarda e inevitabilmente ti giudica. Devi concentrarti al meglio per evitare errori. O lo fai o ti sotterri. Facciamo.
Finito il riscaldamento torniamo dentro lo spogliatoio. Giovannelli, il capitano, ci da 5 minuti per noi e ci richiama al centro per il discorso. Non ricordo bene le parole, ma ricordo la voce, possente e decisa. Gli sguardi dei vecchi, tesi e determinati. Mentre il ”Giova” parlava, pensavo:  “non possiamo perdere, li ammazziamo! Potrebbe esserci chiunque la fuori, gli sbraniamo”. Ad un certo punto, mentre siamo tutti in cerchio, il capitano arringa la truppa, comincia a mollare degli sganassoni ai ragazzi. Uno ad uno se li fa tutti, parte proprio di fianco a me, ma per fortuna sceglie il lato opposto per continuare, non resisterei a una magliata del genere… Dopo una decina di schiaffi, qualcuno entra a chiamarci, è ora, per fortuna…

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